Intervento del dott. Carlo Sabatini al congresso di UNIMO del 7 novembre 2014

CARLO SABATINI

-congresso UNIMO, Roma 7 novembre 2014-

Il mio contributo prende spunto dalla lunga ‘militanza’ nella materia della giurisdizione onoraria e, nel Tribunale di Roma, dall’occuparmi di quello che in nuce è l’ufficio del processo, in particolare quali sono le mansioni degli stagisti.

L’impressione mia personale, che mi viene da questo angolo visuale, e che in primo luogo non si possa prescindere, come diceva Antonella DI FLORIO, dalla scelta di fondo: che il legislatore in maniera molto chiara ci ha indicato (in realtà, finora facendone oggetto forse più di declamazione che di interventi compiuti): la scelta della efficienza. Occorre cioè trovare soluzioni complete che rendano funzionale il sistema giustizia, senza le quali non saremmo in condizione di chiedere niente a nessuno: né magistrati onorari, né magistrati togati, né personale di cancelleria. In un sistema che fa acqua da tutte le parti, ci troviamo di fatto in posizioni di debolezza: e se vogliamo chiedere risorse ed interventi al legislatore dobbiamo trovare una posizione di partenza differente.

E allora, quali sono queste posizioni di forza?

Individuare un meccanismo futuro che funzioni bene: su questo vanno parametrate le esigenze di coloro che sono già nella magistratura onoraria da molto tempo, da troppo tempo senza che sia loro assicurata una visione di insieme della questione.

Le prime valutazioni che faccio sul disegno di legge ministeriale non sono affatto negative, mi sembra la prima volta che il legislatore cerca di affrontare il problema nella sua complessità, e fa una scelta chiara: dopo avere visto disegni di legge che oscillavano, tra il tenere le figure attuali di GOT e GDP distinte ovvero accorparle in unico ruolo, se ho ben compreso (dalla lettera delle norme e dall’intervento del collega Massimo Orlando, che ringrazio per la disponibilità al confronto) è stata scelta la soluzione di un contenitore unico per la magistratura onoraria, anche per ragioni di ridistribuzione delle risorse.

Provando a ragionare di questo modello futuro, e pur consapevole di alcuni suoi limiti, ne sottolineo i caratteri fondamentali: in primo luogo, si individua finalmente in modo compiuto un settore di giurisdizione semplificata, che assorba una buona parte del contenzioso; si considera poi il lavoro della giustizia come collettivo, non più attività di un singolo giudice, togato o onorario che sia; si valorizza infine la possibilità di uno scambio di utilità, tra formazione professionale e collaborazione, in periodo di scarsità di risorse il poter scambiare informazione e collaborazione è indubbiamente un valore importante. Questo, appunto riguarda il modello futuro, ruolo unico, che – in un sistema previsto di tre quadrienni – può portare a seconda delle necessità del singolo Ufficio per i giudicanti a svolgere funzioni di gdp e i got (senza escludere che tali funzioni si possano assommare) ovvero i vpo di udienza o i collaboratori negli Uffici di Procura, il tutto in termini che siano compatibili con lo svolgimento di un altro lavoro, per evitare che per il futuro si ripropongano gli stessi problemi di illusioni, ingenerate in generazioni intere di laureati in giurisprudenza: quello che deve essere stabile è l’ufficio del processo, e ragionando in termini di 12 anni (ma forse sono anche troppi, potrebbe pensarsi a un sistema a regime di 4+4) non vi sarebbero problemi di discontinuità, ma si avrebbero scambio ed affiancamento di generazioni di stagisti e magistrati onorari.

Assolutamente da tenere distinta è la questione della ‘sorte’ di chi è nella magistratura onoraria adesso: persone per le quali l’unico ‘paletto’ da mettere è di rendere il loro percorso compatibile con il sistema futuro. Ci sono assoluta necessità e urgenza di una normativa transitoria, dunque, per assicurare al meglio a tutti i magistrati onorari che abbiano determinate caratteristiche (dunque quelli che ragionevolmente non possono pensare di fare altro) la possibilità di completare un percorso lavorativo e di vita. Forse il limite, proprio per le esigenze di coerenza indicate, potrebbe essere posto nel termine massimo previsto per il sistema futuro: dunque, potrebbero essere ammessi al ‘sistema transitorio’ gli onorari che abbiano già svolto più del periodo che la norma ‘a regime’ prevederà.

Tra l’altro, prevedere un sistema futuro di reale duttilità – dunque di magistrati onorari come collaboratori ‘di studio’, o come gdp con ruolo proprio, o come magistrati che hanno delegate determinate funzioni – rende più semplice individuare il ruolo immediatamente riconoscibile ai giudici onorari in servizio adesso: è cioè evidente che – mentre si formano le competenze dei prossimi magistrati onorari, quelli che un domani, verosimilmente solo dopo il primo quadriennio potranno svolgere in prima persona funzioni di tipo giurisdizionale – si potrà ricorrere da subito ai magistrati onorari già in servizio per le funzioni più prettamente giurisdizionali.

Come anticipato, nel DDL Orlando, che ho cercato di tenere come filo conduttore del mio discorso, individuo alcune criticità, che possono però essere superate completando ulteriormente il sistema. Per la questione del compenso, ad esempio, io non vedo affatto con preoccupazione il fatto che ci sia – accanto a un rimborso fisso – un budget affidato al dirigente dell’ufficio, purchè allo stesso siano dettati parametri e canoni precisi: se cioè il ruolo della magistratura onoraria potrà essere assai variegato (abbiamo detto passare dal collaborare a preparare una udienza; tenere una udienza in proprio; fare il giudice a latere di un collegio che tiene un unico grande processo in un anno piuttosto che altro che fa 500 sentenze all’anno) e se dunque non può prevedersi un sistema ‘a cottimo’ legato al numero dei provvedimenti emessi, tra l’altro intrinsecamente di dubbia legittimità, ben potrà il dirigente indicare per il suo ufficio degli obiettivi da raggiungere, farne oggetto del piano tabellare e del documento di organizzazione generale ed esserne chiamato a risponderne nei momenti di valutazione sua (conferme o conferimenti di altri incarichi) e dei progetti gestionali. In queste sedi dunque si potrà verificare che utilizzo è stato fatto dei vari collaboratori (stagisti, magistrati onorari..), e attribuire questi compensi ulteriori se sono stati raggiunti i risultati prefissati.

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SABATINI (sull’intervento del dott. Marretta)

La proposta avanzata dal dott Marretta assomiglia a quella sulla magistratura di complemento che è stata presentata qualche tempo fa: dunque una sostanziale immissione ope legis, che si scontra però con obiezioni di tipo non solo formale, per la contraddizione con il dettato costituzionale che prevede l’accesso solo tramite concorso (rispetto al quale altro, comunque, sono le forme di ‘valutazione’ individuale), ma di tipo sostanziale. Non ravviso infatti la mera necessità di aumentare il numero dei giudici, ma il bisogno di una serie di competenze diversificate e di un ruolo chiaro sul tipo di apporto che si chiederà per il futuro ai magistrati onorari, elementi che tutto sommato contiene il modello del DDL Orlando: soprattutto, ritengo necessaria l’approvazione di normativa transitoria che a tale sistema futuro sia consonante e che, paradossalmente, nel ricercarsi solo l’immissione ope legis indifferenziata finirebbe a mio avviso a venire rallentata. Insisto sulla ricerca di criteri che individuino in modo oggettivo ed equo chi potrebbe fruire di questo meccanismo: è meno giusto che sia consentito a chi ha anche altro lavoro di completare il percorso di magistrato onorario, o a chi tale funzione onoraria svolge da pochi anni, senza che si sia potuta consolidare una legittima aspettativa di stabilizzazione. Calibrando questi paletti si arriva ad assicurare che raggiunga un obiettivo di tranquillità chi ha per così dire “usucapito” questo diritto, avendo già svolto un lavoro per un periodo che la nuova norma indicherebbe come contra legem. Ma se diciamo tutti dentro automaticamente, rischiamo di non avere niente per nessuno